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02/04/07

Giovani camorristi!!!

La camorra ha sempre cercato di accattivarsi i giovani, facendo presa con il loro fascino da gangster dei film americani, col fascino del potere finanziario, ma anche militare... Molti clan hanno ancora una successione padre-figlio che, data la caratteristica vita dei boss, porta a far assumenre a ragazzini di 18-20 anni la conduzione, manovrata dal boss dal carcere, dei clan sul territorio...

Di Lauro jr: «Gomorra? L'ho letto, non condivido»

Scritto da Titti Beneduce da il Corriere del Mezzogiorno
sabato 31 marzo 2007


«Il libro di Saviano? Sì, l'ho comprato. Ho letto la parte in cui si parla della mia famiglia. Ma ci sono scritte cose non vere, così non ho continuato». Le sette e mezzo di martedì mattina. In un ufficio al primo piano della caserma «Pastrengo», sede del comando provinciale dei carabinieri, Vincenzo Di Lauro, 31 anni, secondogenito di Ciruzzo ' o milionario arrestato un'ora prima, chiacchiera con un i militari che l'hanno stanato.
È una conversazione garbata, quasi piacevole, perché Vincenzo si esprime bene e racconta cose interessanti: « Ho preso il dilpoma di terza media, poi ho dovuto smettere di studiare. Mi sono trasferito a Torino per occuparmi delle imprese di mio padre: commerciamo in pellame e schede telefoniche internazionali » . Il lavoro, però, non ha impedito a Vincenzo di nutrire lo spirito: « Ho continuato a studiare da solo. Sono autodidatta. Leggo, certo: " Gomorra", quando è uscito, mi ha incuriosito molto » . Il caso editoriale dell'anno, dunque, ha colpito anche il figlio del boss. Che, in maniera pacata, ora fa ai carabinieri le sue osservazioni: « In quelle pagine non mi ci ritrovo. Io non vivo così e non sono così. Perciò ho deciso di non continuare nella lettura » . Imprenditore col pallino della finanza: è questa la definizione che Vincenzo Di Lauro dà di sè. « Mi sono occupato di piattaforme telefoniche. Importavo in Italia flussi di traffico internazionale, cioè schede prepagate. Era un lavoro interessante e appagante » . Il figlio del boss si sfoga: « Quello che i magistrati non hanno capito è che a me della droga e degli affari illeciti in genere non interessa nulla. Sono stato fermato qualche volta in compagnia di persone invischiate nei traffici: ora pago per questo » . I carabinieri con i quali chiacchiera sono quelli che un'ora prima hanno fatto irruzione nell'appartamento di Casalnuovo in cui Vincenzo si nascondeva: tra loro due giovani marescialli sempre in prima linea, che preferiscono non essere citati. Dai carabinieri, sportivamente, ora Vincenzo accetta i pasticcini comprati per festeggiare la sua cattura. I marescialli sono gli stessi che da tempo lavorano sul clan Di Lauro e che hanno indagato sulla morte di Gelsomina Verde, uccisa a 22 anni nel corso della terribile faida di Secondigliano: per quel delitto, Ugo De Lucia è stato condannato all'ergastolo come esecutore materiale, mentre Cosimo Di Lauro è imputato come mandante.Cosimo, fratello maggiore di Vincenzo, « Gomorra » non ha voluto leggerlo. Anche lui ne ha parlato con i carabinieri una decina di giorni fa, quando sono andati a incontrarlo nel carcere di Novara: « Non lo leggo perché, se lo facessi, si verrebbe a sapere e tutti penserebbero che sono un boss, com'è scritto nel libro.Diventerebbe un elemento da usare contro di me durante il processo » . Ne è convinto Cosimo, che per lo stesso motivo ha troncato i rapporti con la famiglia: non scrive nè telefona a genitori e fratelli. Bizzarrie di giovani criminali.


I «Faiano» reclutavano spacciatori già a dieci anni

Scritto da Titti Beneduce da il Corriere del Mezzogiorno
domenica 01 aprile 2007


Soldatini di camorra a dieci anni. I «Faiano» dei quartieri spagnoli reclutano tra i bambini i loro spacciatori e i loro futuri killer, anche perché prima dei quattordici anni non sono imputabili. Numerosi i casi di giovanissimi sorpresi a portare la droga o le armi, ma ora la conferma arriva dai pentiti. Rivelazioni agghiaccianti compaiono nell'ordine di fermo notificato giovedì scorso dalla squadra mobile a quindici esponenti del clan Di Biasi.
Il 14 giugno 2006 Pasquale Petrillo parla di Giuseppe Scala, uno dei fermati: « Ricordo che, già all'epoca dei Mariano, lui era un affiliato ai " Faiano". Non che avesse un particolare peso criminale, ma comunque era a disposizione della famiglia per tutto. In quegli anni Giuseppe aveva dieci o dodici anni e non si meravigli per la giovanissima età, perché i " Faiano" già da piccoli vengono impiegati per le attività illecite della famiglia. Salvatore Scala, detto Sasà, il più piccolo dei " Faiano", aveva appena quindici anni quando, nel tentativo di colpire il fidanzato della figlia di " Pallino" ( Raffaele Esposito, ndr), con il quale aveva litigato, sparò per errore alla ragazza, che guidava il motorino. A proposito di Salvatore Scala, perché vi rendiate conto del personaggio, racconto un episodio accaduto nel 1997, quando lui aveva appena tredici o quattordici anni. Noi, come clan Terracciano, gestivamo anche il lotto clandestino. Un giorno ci giunse notizia che Salvatore Scala si era presentato da solo nella nostra zona ed aveva affrontato Antonio Mazzanti, tenutario dei blocchetti necessari per la raccolta delle scommesse e della cassa. Scala entrò addirittura nel basso di Mazzanti per farsi consegnare bollette e soldi. Sopraggiungemmo quindi io e Michel il tunisino, nel frattempo informati di quanto stava accadendo, e ci impossessammo nuovamente del tutto. Ricordo che Michel voleva sparargli, ma io glie lo impedii, un poco perché era giovanissimo, un poco perché mi veniva quasi da sorridere a vedere che, così piccolo, avesse questa capacità criminale e tale coraggio » . Dai verbali emergono anche le tecniche degli affiliati al clan per non incappare nella rete delle forze di polizia.Per esempio, si spostavano con i mezzi pubblici: il 10 dicembre 2005 Sergio Parmiggiano va a Castello di Cisterna, dove abita Salvatore Di Biasi. È armato. In giro ci sono i carabinieri e Ciro Piccirillo lo mette in guardia: « Qua ci sono i giamaicani fermi. Non atterrare qua » . Parmiggiano decide di tornare a Napoli, ma lo fa con la Circumvesuviana. Da corso Garibaldi, poi, prende un taxi che lo porta ai quartieri spagnoli. Lui non sa che le telefonate fatte poco prima sono state intercettate e si stupisce quando una pattuglia del commissariato Montecalvario blocca il taxi in via Emanuele De Deo. Salta fuori un revolver Smith & Wesson calibro 38, il pregiudicato viene arrestato.L'udienza di convalida dei quindici fermi si è svolta ieri mattina, oggi sarà depositato il dispositivo.

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